Quando Hans Kelsen formulò la sua celebre teoria della Grundnorm, lo fece con un obiettivo preciso: fondare un sistema giuridico autonomo, puro, libero da ogni contaminazione etica, politica o sociologica. In un’epoca segnata da instabilità istituzionale e da derive ideologiche, Kelsen propose un diritto che si regge su sé stesso, strutturato gerarchicamente e fondato – al vertice – da una norma fondamentale presupposta, non scritta, ma necessaria a garantire la validità dell’intero sistema. Una costruzione formale, elegante, coerente. Ma anche, come ogni impalcatura teorica troppo rigida, fragile alle sollecitazioni della realtà.
A distanza di quasi un secolo, quella Grundnorm comincia a scricchiolare sotto i colpi di una prassi giuridica sempre più fluida, di una società che interpreta e reinventa il diritto in tempo reale, e di una riflessione filosofico-giuridica che si rifiuta di accettare fondamenti metafisici mascherati da razionalità formale. La domanda che ci si pone è semplice: può esistere ancora, oggi, una Grundnorm “fissa”, astorica, immodificabile? O dobbiamo riconoscere che essa è – e deve essere – una costruzione dinamica, che si aggiorna continuamente attraverso le interazioni tra individuo, norma, istituzione e contesto?
Il fondamento presupposto: genio e limite della Grundnorm
L’idea della Grundnorm nasce per un’esigenza logica: garantire la coerenza del sistema giuridico. Poiché ogni norma trae validità da una norma superiore (in una catena che culmina nella costituzione), serve un ultimo gradino, non ulteriormente fondato, che giustifichi la validità dell’intera gerarchia. Kelsen lo chiama presupposto di validità, e lo esplicita con un esempio ormai classico: “La Costituzione deve essere obbedita”.
Il punto è che questa norma non esiste in alcun documento: è una finzione teorica necessaria a far funzionare il sistema. Il suo statuto ontologico è problematico: non è una norma empirica, né una legge naturale, né un fatto sociale. È una convenzione teorica, un atto di fiducia nella stabilità dell’ordine giuridico. Il problema, però, emerge quando ci si interroga sulla sua persistenza nel tempo. Kelsen presume che la Grundnorm sia sempre la stessa, finché non subentra una rivoluzione (giuridica o di fatto). Ma la realtà giuridica – come ci insegnano le corti costituzionali, le mutazioni legislative, le interpretazioni giudiziarie e persino le disobbedienze civili – non cambia solo per salti rivoluzionari, ma anche per continui slittamenti di senso.
Dalla fondazione alla circolarità: critica e superamento della Grundnorm
Diversi autori hanno colto, da angolature diverse, questa tensione. Hart propone di sostituire la Grundnorm con una rule of recognition, una regola sociale praticata effettivamente da giudici e funzionari. Luhmann liquida la questione come un falso problema: il diritto è un sistema autopoietico che si auto-riproduce. Ferrajoli la riconduce a un equilibrio tra legalità e legittimità. Dworkin nega ogni fondamento rigido e propone un diritto come narrazione morale coerente.
Tutti, in modi diversi, portano il discorso su un piano più processuale, dinamico, storico. Il diritto, oggi, non è più solo un sistema chiuso di norme, ma un organismo in continua rigenerazione, alimentato dalle pratiche interpretative, dalle battaglie culturali, dalle esigenze sociali. La Grundnorm, in questo contesto, appare sempre più come una reliquia teorica.
Il fondamento che respira: la Grundnorm come entità dinamica
Ripensare la Grundnorm in chiave dinamica significa concepirla come una norma che vive, muta e si adatta. Non più presupposto immobile, ma sintesi momentanea di una pluralità di forze: istituzionali, sociali, culturali. La sua validità non è garantita dalla logica, ma dalla riconoscibilità, dalla prassi condivisa, dalla fiducia collettiva. Ogni azione giuridica – un giudizio, una legge, una protesta – contribuisce a ridefinire la norma fondamentale che regge il sistema.
In questo senso, la Grundnorm si comporta come un’entità quasi ermeneutica: nasce da una precomprensione (l’idea di ordine giuridico), ma ogni nuova comprensione (azione, interpretazione, evento) la modifica. Non c’è circolarità viziosa, ma un circuito evolutivo.
Quando i fondamenti vacillano: la sfida dei nuovi paradigmi politici
Oggi, però, assistiamo a un fenomeno che merita una riflessione più ampia: il progressivo disallineamento tra ciò che veniva considerato, fino a poco tempo fa, il nucleo minimo condiviso del vivere giuridico e politico, e le pratiche e le ideologie che stanno emergendo nel panorama contemporaneo. Alcune di queste tendenze vengono frettolosamente archiviate come “destre nazionaliste”, ma il fenomeno va guardato anche con uno sguardo più distaccato e sistemico.
In molti contesti, infatti, si assiste a un rifiuto piuttosto esplicito delle architetture istituzionali sovranazionali, delle logiche redistributive dello stato sociale, del primato della legge, e persino dei codici etici che avevano informato la cultura giuridica del secondo dopoguerra. Non si tratta soltanto di eccezioni o devianze, ma di sintomi di un processo più profondo: la messa in discussione di quella Grundnorm implicita che aveva sorretto l’ordine liberale e democratico.
Che futuro ci attende? Forse ci troviamo in una fase di transizione epistemologica, in cui le basi su cui abbiamo edificato le nostre istituzioni vengono progressivamente erose, per far spazio a nuove sintesi. Potremmo assistere a un ritorno di modelli del passato: stati-nazione forti, protezionismo, identità culturali esclusive. Oppure potremmo vedere emergere un’integrazione inedita tra passato e presente, tra istanze di sicurezza e valori pluralisti, tra sovranità e interdipendenza.
In ogni caso, ciò che si sgretola non è solo un impianto normativo, ma un orizzonte condiviso. E proprio per questo la riflessione sul concetto di Grundnorm, e sulla sua evoluzione, ci appare oggi quanto mai attuale.
Il fondamento come processo
Ripensare la Grundnorm significa smettere di cercare un principio immobile, e accettare che il diritto si fondi in un processo continuo di riconoscimento, interpretazione e rigenerazione. Il fondamento non è dietro di noi, ma davanti: è ciò che costruiamo insieme, giorno dopo giorno. In questo scenario di instabilità, la vera domanda non è se il diritto sopravviverà, ma in che forma e con quali nuove basi.
La Grundnorm, se vuole continuare a svolgere la sua funzione, dovrà accettare di respirare, trasformarsi, e adattarsi. E noi, con essa.
Un Rant
Vabbè, di base è un rant pure questo, ma vabbè tanto non mi legge nessuno. Però, secondo me ha senso, forse.